Il Tribunale di Roma ha ritenuto applicabile anche ai Dirigenti il divieto di licenziamento introdotto dall’art. 46 del D.L. 18/2020. In tal modo ha esteso il dettato legislativo anche a categorie pacificamente escluse da tale applicazione.

Commento a ordinanza del Tribunale di Roma 26.02.2021 a cura di Andrea Russo – Area Diritto del Lavoro

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Dunque, come da molti temuto, da altri auspicato, ecco la prima pronuncia che gela le imprese ed aggiunge ulteriore incertezza del diritto, in un momento in cui siamo tutti alla ricerca di certezze. Una delle pochissime certezze che fino ad ora potevamo permetterci era rappresentata dal fatto che i Dirigenti costituissero una di quelle poche categorie licenziabili ad nutum ed escluse dalle tutele di cui alla legge n. 604/66.

A tradire anche tale certezza è stata una recente ordinanza del Tribunale di Roma, sez. lavoro, pubblicata il 26.02.2021, la quale ha ritenuto applicabile anche ai Dirigenti il divieto di licenziamento stabilito (quasi un anno fa) dall’art. 46 del D.L. n. 18/2020, più volte prorogato e, conseguentemente, ha disposto la reintegrazione ex art. 18 St. lav. di un Dirigente licenziato nel luglio 2020.

L’ordinanza, resa all’esito di un procedimento “rito Fornero” ha, in sostanza:

  • ritenuto che la “ratio del blocco” dei licenziamenti debba essere rinvenuta nella necessità di evitare “in via provvisoria” (!) la soppressione immediata di posti di lavoro e che i Dirigenti sono la categoria “più esposta a tale rischio”;
  • considerato che non sarebbe “ragionevole” escludere i Dirigenti da tale blocco anche in considerazione del principio di uguaglianza (art. 3 Cost.) e della circostanza che i medesimi Dirigenti sono invece tutelati dalle norme sui licenziamenti collettivi;
  • affermato che il riferimento del legislatore emergenziale all’art. 3 della legge n. 604/66 non debba essere inteso in senso letterale, ma che andrebbe operata una lettura costituzionalmente orientata della norma.

Con la stessa brevità utilizzata dal Giudice per demolire le nostre certezze, basti evidenziare che:

  1. Il legislatore emergenziale ha chiaramente indicato che ad essere vietati sono i licenziamenti “per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’art. 3 della legge 15 luglio 1966, n. 604” (cfr. art. 46 cit.); e pertanto:
    i) poiché la legge 604/66 (cfr. art. 10) non si applica ai Dirigenti, e
    ii) poichè non ha senso parlare di giustificato motivo oggettivo per un Dirigente,
    affermare, come ha fatto il Giudice di Roma, che l’art. 46 in questione sia applicabile anche ai Dirigenti è solo un’interpretazione contra legem.
  2. I Dirigenti non sono lavoratori qualsiasi, sono licenziabili ad nutum, ma allo stesso tempo hanno solide garanzie contrattuali previste dai rispettivi CCNL e, peraltro, godono anche della NASPI; gli stessi non sono destinatari della Cassa integrazione, che è l’unica “contropartita” che ha permesso fin qui alle imprese di non fallire: ti conservo il posto di lavoro (anche se lavoro non ne ho), ma almeno gran parte del costo lo paga lo Stato con la Cassa Covid. Ecco perché i Dirigenti sono esclusi dal divieto di licenziamento: perché non possono essere messi in Cassa integrazione; ed ecco perché non c’è alcuna violazione dell’art. 3 Cost.
  3. I Dirigenti guadagnano dal doppio a cento volte di più di quanto guadagna un impiegato: se l’impresa non può tagliare neanche questo costo, sarà costretta a chiudere o a mettere in Cassa integrazione a zero ore anche quella parte di impiegati o operai che fin qui hanno parzialmente lavorato.
    Anche dal punto di vista sociale, quindi, l’ordinanza in esame potrebbe avere effetti dirompenti: si salva un Dirigente e si condannano alla fame altri 10 lavoratori.

In conclusione, mentre all’estero alcuni Tribunali (vedi Tribunale di Barcellona, Spagna) cominciano a dichiarare illegittima la normativa sul blocco dei licenziamenti per contrasto con la libertà di iniziativa imprenditoriale e con il Diritto UE, qui in Italia addirittura si tenta di estendere un dettato legislativo anche a categorie pacificamente escluse da tale applicazione, congelando l’intero settore produttivo e condannando a fine certa molte tra quelle (peraltro poche) imprese che fin qui sono sopravvissute al disastro.

Con buona pace delle nostre (ex) certezze, anch’esse costituzionalmente garantite!