Secondo la Corte di Cassazione nei contratti di vendita Italia–UE, che non contengono la clausola di risoluzione delle controversie, la sola pattuizione di una regola Incoterms che determina il luogo di consegna dei beni in Italia non è sufficiente ad attribuire al giudice italiano la giurisdizione sull’eventuale controversia fra le parti. Ecco le conseguenze pratiche per le aziende.

 

Approfondimento a cura di Tommaso Mancini e Agnese Colucci – Area Contrattualistica Internazionale 

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Giurisdizione_applicabile_ai_contratti_di_vendita_in_UE_BacciardiLa clausola sulla risoluzione delle controversie è una clausola fondamentale nei contratti internazionali, in quanto consente alle parti di stabilire a priori avanti a quale giudice debba essere avviata l’eventuale azione legale in caso di controversia.

In mancanza di tale clausola, nel frequente caso di vendita di prodotti dall’Italia ad altri paesi dell’Unione Europea, ai sensi del Regolamento (UE) n. 1215/2012, la giurisdizione sull’eventuale controversia spetta al tribunale del luogo in cui i beni sono stati o avrebbero dovuto essere consegnati in base al contratto.

Nell’interpretare tale disposizione la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha stabilito che:

  • il luogo di consegna deve essere determinato in base al contratto di vendita e che, in assenza di determinazione contrattuale, si dovrà fare riferimento al luogo della consegna materiale dei beni, che coincide generalmente con il domicilio del compratore (CGUE, sentenza Car Trim, C-381/08);
  • per la verifica della determinazione contrattuale del luogo di consegna “il giudice nazionale adito deve tenere conto di tutti i termini e di tutte le clausole rilevanti di tale contratto che siano idonei a identificare con chiarezza tale luogo (ndr il luogo di consegna), ivi compresi […] gli Incoterms elaborati dalla Camera di commercio internazionale” (CGUE, sentenza Electrosteel Europe, C-87/10).

Pertanto, sulla base delle pronunce della Corte di Giustizia, tutte le volte in cui nel contratto di vendita manchi una clausola sulla risoluzione delle controversie, ma sia stata convenuta una regola Incoterms (Ex Works, FCA, CPT, DAP, ecc.), il luogo di consegna determinato da tale regola Incoterms coinciderà con il luogo nel quale potrà essere instaurato l’eventuale giudizio in caso di controversia tra le parti.
Dal punto di vista pratico, dunque, anche se le parti non hanno scelto espressamente nel contratto la giurisdizione italiana, la causa può essere comunque avviata in Italia in tutti i casi in cui le parti abbiano convenuto una regola Incoterms “alla partenza”, vale a dire che preveda la consegna in Italia (EXW, FCA, CPT, ecc.).

L’interpretazione della Corte di Giustizia UE risulta particolarmente favorevole ai venditori italiani, in considerazione della prassi largamente diffusa tra questi ultimi di concludere i contratti di vendita tramite ordine e conferma d’ordine (senza pattuire una clausola sulla risoluzione delle controversie) e di eseguire le consegne secondo la regola Incoterms Ex Works.

La Corte di Cassazione italiana, purtroppo, discostandosi dalla Corte di Giustizia UE, ritiene che la mera pattuizione di una regola Incoterms non rappresenti un elemento sufficientemente chiaro e idoneo a identificare il luogo di consegna che le parti hanno inteso concordare in funzione dell’applicazione del citato Regolamento (UE) n. 1215/2012 (Cass, Sent. SS.UU. n. 17566/2019).
Di conseguenza, la pattuizione di una regola Incoterms “alla partenza” non è sufficiente al fine di attribuire la giurisdizione al giudice italiano.

Alla luce dell’orientamento della Cassazione, consigliamo alle aziende italiane di inserire nei singoli contratti di vendita nell’UE e/o nelle relative condizioni generali di vendita una clausola che attribuisca espressamente la giurisdizione al tribunale italiano di loro scelta.