Il fondatore che trasferisce l’impresa alle generazioni successive intende spesso mantenere un controllo sulla gestione dell’impresa trasferita alle seconde generazioni.
Quanto sopra, teoricamente, comporterebbe che il fondatore, all’atto del trasferimento, mantenga in capo a sé:
1) il diritto di voto; ovvero
2) il diritto sulla gestione.

La riserva da parte del fondatore di diritti di voto e di gestione dell’impresa trasferita non consente di configurare il trasferimento come soluzione che attribuisce al figlio il controllo sulla stessa ai sensi dell’articolo 2359 comma 1, numero 1 del codice civile: ciò preclude l’applicazione dell’esenzione fiscale da imposta sulle donazioni e successioni.

Al fine di beneficiare comunque della esenzione da imposta sulle donazioni e successioni, l’operazione può essere strutturata mediante:
1) il trasferimento, attraverso donazione dal padre/fondatore al figlio, di una partecipazione di controllo sulla società familiare, comprensiva dei diritti di voto;
2) la sottoscrizione, tra il padre/fondatore e il figlio, di un patto parasociale contenente un sindacato di voto, per mezzo del quale il figlio si obbliga a concertare con il padre il voto su alcune decisioni strategiche per la gestione e l’evoluzione della società familiare.
Quanto sopra consente al padre/fondatore di mantenere il controllo sulla gestione dell’impresa familiare, attraverso l’utilizzo di un patto parasociale.

Il patto parasociale fornisce, tuttavia, una tutela limitata al padre/fondatore.
Infatti i patti parasociali hanno efficacia esclusivamente nei confronti di coloro che ne sono i sottoscrittori (efficacia obbligatoria – no efficacia reale: tra le altre, Cass. 21 novembre 2001, n. 14629).

A fronte dell’eventuale inadempimento da parte del figlio dell’obbligo di concertare con il padre l’espressione del voto:
a) la delibera assunta rimarrà valida e vincolante per la società anche nei confronti dei terzi;
b) il padre potrà unicamente agire nei confronti del figlio al fine di invocare il risarcimento del danno subìto.

L’obiettivo del fondatore di mantenere il potere di gestire l’impresa familiare, ovvero di nominare o revocare i componenti dell’organo amministrativo, ovvero di porre in essere atti di gestione di natura strategica potrà, invece, essere perseguito, con efficacia reale, attraverso l’acquisizione di un diritto particolare, così come previsto agli articoli 2468, comma 3 (SRL) e 2346 (SPA) del codice civile.
I diritti particolari del socio possono riguardare l’amministrazione e la gestione della società (diritti amministrativi) e/o la distribuzione degli utili (diritti patrimoniali).

I diritti particolari possono essere attribuiti:
1) a singoli soci, persone fisiche o giuridiche;
2) singolarmente e nominativamente identificati nell’atto costitutivo/statuto;
3) indipendentemente dall’entità della partecipazione detenuta.

I diritti particolari del socio non possono comportare l’attribuzione del diritto/potere, in capo al socio, di competenze tipiche dell’organo amministrativo, che siano tassativamente e in via imperativa riservate dal codice civile, e non possono sottrarre competenze all’assemblea dei soci.
Qualora il diritto particolare trovi applicazione sulla distribuzione degli utili, lo stesso non può operare nel senso di escludere gli altri soci da ogni partecipazione agli utili o alle perdite.

L’attribuzione dei diritti particolari deve necessariamente avvenire mediante inserimento di specifica clausola nell’atto costitutivo/statuto.
La modifica dei diritti particolari presuppone, salvo deroga statutaria, il consenso di tutti i soci (articolo 2468, comma 4).
L’alienazione della quota incorporante il diritto particola-re non comporta in alcun modo il trasferimento del diritto particolare medesimo, che si estingue automaticamente per effetto della cessione a terzi della partecipazione.
Il diritto particolare del socio si estingue, altresì, con la morte del titolare.

È possibile, invece, configurare dei diritti particolari a favore di determinati soci che possano essere trasferiti per via successoria, utilizzando lo strumento delle categorie di azioni (art. 2348 – SpA) ovvero delle categorie di quote (DL 179/2012 – Srl).
In tal modo i diritti particolari saranno collegati alla categoria di azioni/quote e non al socio persona fisica che detiene tale categoria di azioni/quote.
Pertanto, costituendo categorie di azioni/quote dotate di diritti particolari, istituite quando ancora la società familiare è detenuta dal fondatore, quest’ultimo potrà gestire il passaggio generazionale con una disposizione testamentaria, ovvero, gradualmente nel tempo, attribuendo a ciascun figlio le quote o azioni di categoria ritenute maggiormente opportune.

E’ infatti frequente che il fondatore, pur volendo attribuire le responsabilità gestorie solo ad alcuni dei suoi eredi, intenda evitare di operare differenze tra gli eredi per quanto riguarda le attribuzioni patrimoniali, anche per scongiurare potenziali violazioni della legittima.
Creando, pertanto, categorie di azioni/quote prive del diritto di voto, è oggi possibile raggiungere l’obiettivo sopra descritto:
attribuendo a tutti gli eredi azioni/quote che conferiscano pari valore sul patrimonio della società e sugli utili; e
attribuendo azioni/quote con diritto di voto solo agli eredi che avranno responsabilità gestionali.